XVI secolo: Nella seconda meta del '500, Francesco di Tommaso Mannelli­, rappresentante del ramo messinese della famiglia di origine fiorentina, sposò Margherita Neretti di San Miniato e, alla morte della consorte nel 1575, ne ereditò il podere di Collebrunacchi, con "casa da padrone e lavoratore". Fu lui stesso a legare i beni appena acquisiti alla sua fami­glia, con ii fedecommesso del 16 maggio 1597. 

XVIII secolo: Nel 1743, la proprietà pervenne al ramo fiorentino dei Mannelli "a causa dell’estinzione della linea maschile della nobile Casa Mannelli che si trovava nella città di Messina, rimasta estinta dal comune contagio". Il senatore Ottavio eredito così una "casa da oste e da lavoratore" e "un podere con casa da lavoratore e da padrone consistente in tutto in numero diciassette stanze, composto il podere di terre lavorative, boscherecce, vitate e fruttate" a Collebrunacchi. Nel borgo, si trovava ancora l'antico oratorio di S. Jacopo, ma nel 1750, ii promotore fiscale della curia Lorenzo Ta­glialagamba, per caso in quei luoghi, “vedendo l'esteriore deIla chiesa che minacciava da per tutto rovina, volle en­trarvi dentro e vide che vi era ancora l'altare con la pie­tra consacrata, ma ii tutto più in forma di stalla che di chiesa; essendo arrivata fino la poca reverenza a quel luogo che vi era stato tenuto il sugo ed era servita talvolta per ricovero del bestiame". L'edificio venne puntellato in attesa dei restauri che mai vi si apprestarono. Le pareti della chiesa finirono di crollare e le sue rendite vennero trasferite nella parrocchia di Cusignano. 

XIX secolo: Fu così che alla meta del XIX secolo, appena i Mannelli vendettero la tenuta a Filippo Formichini, procuratore regio del Tribunale di S. Miniato da poco trasferitovi da Firenze, nel vasto piazzale a ovest deIla villa venne costruito l’oratorio della Vergine dcl Buo­nconsiglio. Al parroco di Cusignano, che lo visitò prima della benedizione, sembrò "di una forma ed eleganza squisite". Era stato eretto in stile neorinascimentale su una pianta ad aula, così come lo vediamo ancora oggi, con due coretti laterali per poter ascoltare la messa in luogo appartato e una piccola sacrestia dietro l'altare. Pochi anni fa, la chiesa è stata restaurata, rifatti il pavimento e parte degli intonaci e integrate le pitture cadute: un cielo stellato nella volta a crociera e una corona di serafini nel coro. Ai primi del '900 la “Fattoria Formichini, con circa trenta poderi e altrettante famiglie, costituiva un nucleo consistente della parrocchia di Cusignano. Ogni domenica, un contadino della fattoria si recava con calesse e cavallo a prelevare un sacerdote o un frate per celebrare la Messa. Così i contadini si ritrovavano tutti riuniti nel giardino della Villa padronale". Oltre a incrementare le terre e migliorare i poderi della fattoria, i Formichini avevano ristrutturato la dimora padronale, separando l'edificio agricolo dalla residenza e aumentando quest'ultima del corpo occidentale della "L", dove si apre il Ioggiato. 

XX secolo: Nel 1954, alla celebrazione del centenario dell'oratorio, i Formichini erano sempre proprietari delta tenuta, ceduta poco dopo ai fratelli Silva, i quali a loro volta agli attuali proprietari, la famiglia Starnotti.

II corpo residenziale si erge, imponente, nella zona piu elevata del rilievo. II fronte settentrionale, il prospetto tergale e quelli dell'appendice aggiunta presentano un’analogo trattamento delle superfici, con finestre inquadrate da cornici neorinascimentali in finta pietra sull’intonaco giallo pallido. All'interno, però, s'intuisce la sovrapposizione dei fabbricati. Fra questi, nell'angolo sud-est, la pianta quadrangolare di un robusto corpo di fabbrica che si eleva in alzato con una muratura a sacco di considerevole spessore, meriterebbe un'indagine più approfondita per accertare la sua pertinenza alle fortificazioni del castello medievale. All'esterno, oltrepassate la villa e la cappella, un viale rettilineo accompagna, verso ovest all’antica uccelliera seicentesca, ancora ben riconoscibile. Consiste in un recinto circolare di alti cipressi posti intorno a un colle del diametro di circa 200 metri. All'interno del recinto, rimane il tracciato delle gallerie a raggiera che vi permettevano l’accesso anche con le reti calate, le "ragne" tese agli alberi più alti che facilitavano l'uccellagione; al centro si apre una profonda cisterna. E. un raro esempio ancora ben conservato di paesaggistica seicentesca.